martedì 1 maggio 2012

Il guappo


In pochi possono dire dei guappi quanto posso io, che ho vissuto a Quarto Oggiaro una vita. Diversamente da ciò che il volgo acculturato pensa il guappo gode di una propria dimensione interiore, la quale non potrebbe essere chiamata spirituale nemmeno dal croupier che muove quel gioco d'azzardo chiamato, dal guappo, esistenza. Nessun malavitoso si preoccupa di dover insegnare al prossimo cosa l'azzardo sia e quali regole abbia, perché sa che tutti lo hanno già memorizzato tra gli schizzi del sangue versato alla nascita. Il guappo, allo stesso modo del politico e dello scienziato, si occupa di mettere in riga la natura truffaldina, quella che ha tentato il grande imbroglio mettendolo al centro di un dramma silenzioso che dovrà essere sbrogliato. È tutto così semplice per chi considera le cose dalla presunzione di trovarsi in alto, da chi confonde il panorama offerto dal Cielo con quello, più ricco, spalancato dall'orgoglio di essere gli unici ad aver capito il trucco. Valori come la mamma, la famiglia e le ostriche sono in pochi a saperli apprezzare, e nel ventaglio aperto dai genotipi lugubri il guappo non occupa né il primo e neppure l'ultimo dei posti. Quando il guappo è colto la cultura gli trasforma la guappitudine, rendendogli più agevole e redditizia la sofferenza.

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