venerdì 25 gennaio 2013

Dopo morti


Ci si immagina, a volte, quello che potrebbe accadere dopo essere morti, e normalmente si evita di avventurarsi in ipotesi complicate per accontentarsi delle due grandi vie prospettate dalle religioni: quella infernale e l'altra paradisiaca che le si oppone. Di solito non si va oltre perché si è assaliti dal timore di soffrire in entrambi i casi, perché all'inferno pare si debbano scontare pene terrificanti, mentre in paradiso terrorizza la prospettiva di dover stare in mezzo a un sacco di anime, che stonano strimpellando l'arpa, senza aver mai preso una lezione di musica. L'idea di essere liberi, com'è il vento prodotto da uno sbadiglio, esclusi i ferventi cattolici è vista, da chiunque, come una punizione peggiore delle fiamme prodotte dai rimorsi. Oggi, mentre faticavo nel bosco a raccogliere legna, mi son chiesto se sarebbe interessante analizzare come potrebbe svolgersi la nuova esistenza nello stato di ex defunti chiamato "Beatitudine celeste" dove, indipendentemente dal trovarsi all'inferno o in paradiso, non si mangia, non ci si accoppia, non si parla, non si può mentire e ci si muove talmente veloci, attraverso l'immaginare, che ci si troverà sempre in mezzo a sconosciuti, in un'atmosfera silenziosamente funerea, nella quale anche la possibilità del suicidio è la parte più viva dei ricordi, sempre che il ricordare sia ancora possibile e non sia legato alla presenza di una sfera psichica che ha necessità di appoggiarsi a un cervello per esprimersi… Immagino che queste folate di residuati bellici erranti, che furono esplosioni di vita nella stasi umana, siano tutti in cerca di vendetta su chi ha raccontato loro della felicità ultraterrena, vissuta nella perenne età dei sedici anni, insaccati in un abito bianco antimacchia, indifferenti ai profumi e ai suoni strimpellati dal ricordare, e pronti a piangere a dirotto quando, nelle altrui lacrime, si vedrà il riflesso della possibilità di essere ancora pronti a commuoversi per una antica stupidità che suscita rimpianto.

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