martedì 19 marzo 2013

Tai Chi

Ci sono cose che possono essere insegnate e altre che non si prestano all'insegnamento. Diverso è il mettersi in una condizione di apertura verso l'apprendimento, rinunciando ad avere pregiudizi e, di conseguenza, prima di giudicare a priori la qualità della fonte di un insegnamento… voler considerare l'aderenza di quell'insegnamento ai princìpi che si conosce essere senza alcun dubbio giusti. Per non avere dubbi sulla giustezza dei princìpi occorrerà dividere la qualità della quale essi sono rappresentanti. Così dei princìpi orientati all'altruismo, che necessita del sacrificio di sé, saranno da considerare preferibili ad altri che promulgano il sacrificio del prossimo a favore della propria convenienza. Una persona intelligente sceglierà di essere aperta a qualsiasi segno che la vita le invia, da chiunque abbia avuto il compito di dover mostrare quel segno, anche se fosse un neonato o un moribondo e persino un insetto o un refolo di vento, al fine di stabilire la qualità dell'insegnamento ricevuto attraverso l'analogia che lega il tutto a ogni sua piccola parte. Non ci possono essere altre ragioni che inducano a questa disponibilità un individuo che vuole capire quale possa essere il Fato che gli è stato assegnato dall'esistenza. Ma qui siamo ancora sul piano nel quale tutti gli esseri interagiscono tra loro nella speranza di poter, un giorno, riconoscere la strada contorta al termine della quale brilla la felicità. Ma allora, se tutti siamo nella situazione appena descritta, quale sarà l'altra? Quella dove non la felicità è il fine della propria esistenza? La felicità è lo stato d'animo che, insieme alla sofferenza, crea le condizioni attraverso le quali ogni passo felice ha necessità di muovere un altro passo verso l'infelicità che consenta al corpo che cammina di reggersi in un equilibrio che deve il proprio essere all'instabilità. Ma quale sarà il fine che il camminare dovrà poter raggiungere? Quale sarà l'equilibrio, finalmente stabile, di una stabilità che non ha più bisogno di muoversi per riaffermarsi? La risposta non è nella vittoria o nella sconfitta, entrambe precarie; la risposta è nella conoscenza priva del dubbio, perché anche il conoscere si muove come la felicità avendo bisogno di dubitare della giustezza di ogni passo fatto. La conoscenza deve quindi essere perfetta e rappresentare l'asse fisso, il Tai Chi attorno al quale ruota la ciclicità degli eventi. Questa conoscenza perfetta non può essere insegnata né da un bambino e neppure da un vecchio, né dal migliore Maestro che ha raggiunto l'immobilità mobile della Perfezione assoluta. È il Cielo a decidere l'apertura interiore che cambierà la natura dell'intelligenza la quale… da individuale che era si trasformerà in universale, in grado di vedere la Verità dei princìpi universali che sono norma dell'esistenza, e di vederla in modo assoluto quindi esente dal dubbio. Questa apertura è il primo passo verso la Perfezione del proprio essere che si muove verso il fine dato dall'identificazione con l'Assoluto del Quale siamo figli. Assoluto che è in ognuno di noi, tanto quanto noi siamo in Lui. Non ho scritto questo per insegnare qualcosa, l'ho già detto che sono verità che non possono essere insegnate, ma un modo per disporsi al poterle comprendere c'è, e qual è posso dirlo: aderire alle verità che si riconoscono essere vere. Se ci si dovesse sbagliare saranno le stesse verità a mostrare i propri limiti, e a portare l'essere di fronte ad altre verità, migliori o peggiori di quelle, da dover considerare essendo disposti all'apertura dalla quale ogni verità passa. L'Assoluto che è in noi e fuori di noi farà il resto.

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