venerdì 28 giugno 2013

La tensione del male (trasformato in racconto)

"Una persona che dà importanza alla propria spiritualità, la quale assegna valore e dignità al comportamento, non si associa mai ad altre persone contro un individuo, non ne deve avere bisogno perché la forza della spiritualità è di un ordine qualitativo, e sempre basta a se stessa per contrastare il male. Per inversione è il male ad avere la necessità di associare tra loro gli individui contro una persona perché il male, non avendo accesso alla sfera spirituale, regno del Bene comune, cerca di abbattere le realtà che gli sono incomprensibili utilizzando la forza del proprio peso"
Fu l'ultimo pensiero attraverso il quale la sua mente, obbedendo allo spirito, alleggerì il suo animo nel dargli la trasparenza del vento, un attimo prima che le orde di Gog e Magog irrompessero nell'eremo, dove non trovarono altro che un disegno, impresso dalle lacrime del santo nel fango indurito del pavimento. 
Era una perfetta spirale, il segno sacro attraverso il quale il Mistero modula il doversi muovere dell'universo.

Non c'è mistero per l'esercito del male che, ringhiando di rabbia, cancellò il segno calpestandolo, riversando così nuova ferocia nelle fauci del proprio nero destino, rabbiosa fatica che disprezza la generosità attraverso la quale la primigenia Oscurità, irraggiando la luce, assegna a ogni creatura l'essenza, la sostanza e la possibilità di essere libera o di dannarsi.

La tensione del male



Una persona che dà importanza alla propria spiritualità, la quale assegna valore e dignità al comportamento, non si associa mai ad altre persone contro un individuo, non ne deve avere bisogno perché la forza della spiritualità è di un ordine qualitativo, e sempre basta a se stessa per contrastare il male. Per inversione è il male ad avere la necessità di associare tra loro gli individui contro una persona perché il male, non avendo accesso alla sfera spirituale che è regno del Bene comune, cerca di sfondare le realtà che gli sono incomprensibili attraverso la forza del proprio peso.

Senza il clangore delle armi

— Padre… sono stanco di lottare per vivere, ho bisogno di pace non della guerra
— Per questo ho deciso di chiederle quando potrò entrare nel Monastero, per liberarmi dalle costrizioni date dalla guerra perpetua—
— Vedi figliolo… la guerra è la via più breve per raggiungere la pace e, per inversione analogica, la pace è la via più lunga per arrivare alla guerra
— Ma prima o dopo ti ci conduce
— A meno che…
— La ascolto, Padre…—
— A meno che tu non decida di vincere la guerra che angeli e demoni combattono dentro di te
— Perché tutte le guerre dell'universo hanno inizio all'interno dell'essere, ed è lì che devono essere pacificate
— Il centro di ogni realtà particolare è a immagine del Centro che ha generato il tutto
— E ogni centralità individuale vuole essere il centro di tutto
— Per questo combatte le altre centralità
— Per smettere di lottare il nostro centro deve sovrapporsi al Centro universale
— E la sovrapposizione si attua solamente nella perfezione di sé
— Se è la perfezione che cerchi dovrai lottare contro le tue imperfezioni
— E il rifuggire la lotta non ti aiuterà—
— Capisco, Padre santo, dunque il Monastero è un campo di battaglia?—

— Sì figliolo, una battaglia senza il clangore delle armi, dove sono le lacrime a scorrere, non il sangue—

giovedì 27 giugno 2013

Figli di cieli diversi

— Senti… ma sei proprio sicuro?— 
—Ti dico di sì! Non può essere altrimenti…
— Il professore di filosofia l'ha detto chiaramente
— Non importa se siamo di specie diverse, risultato di un adattamento alla vita in condizioni planetarie molto dissimili
— Quello che conta è che siamo tutti, dico proprio tutti, nell'unico universo che contiene il tutto cosmico
— Siamo tutti legati alla causa che ci ha prodotto!—
— Per me stai dicendo una cagata cosmica
— Perché se un essere respira, invece che con le branchie arrossate dall'emozione 
— Magari… che so... con qualche organo addirittura lontano dall'avere contatti diretti con l'atmosfera esterna
— Non riesco nemmeno a immaginarmelo, ma potrebbe essere una specie di spugna che si gonfia e sgonfia
— Metabolizzando gas pulito per poi espellerlo in forma tossica…—
— Be', adesso non esageriamo… il mio discorso valeva solo per esseri che sono stati creati a immagine di Dio, non per i mostri—
— Lo dicevo io che non può essere per tutti
— Dio non potrebbe assomigliare a degli errori fatti da madre natura…—
— Va là che si è fatto tardi con 'sti discorsi del cazzo

— Se non arriviamo a casa in orario rischiamo di non riuscire a succhiare nemmeno il sangue di una vergine…—

mercoledì 26 giugno 2013

Della serie: "Le perle piacciono anche ai porci"...


Condanna berlusconi


Questa cosa di eliminare politicamente gli avversari attraverso la giustizia mi ricorda quello che è accaduto anche a hitler, quel poveretto è stato costretto all'abbandono non attraverso una votazione democratica, ma sotto la minaccia delle armi...

martedì 25 giugno 2013

Fede e proselitismo

Il proselitismo è l'obbiettivo finale di chiunque preferisca la fede alla fatica data dal dover conoscere.


I fan


Detesto i fan, per qualsiasi cosa sbandierino la loro cieca fedeltà, perché la fede, quando è vera fede, deve stare nel silenzio imposto dal non essere riusciti a conoscere...

lunedì 24 giugno 2013

Così è la vita

È trappola per imbecilli, la vita, ma anche culla dell'intelligenza che modula l'esistenza attraverso leggi alle quali non si può sfuggire. Sono leggi universali le quali, attraverso la libertà regalata agli esseri, costringono a rivelarsi per ciò che gli esseri sono in realtà, in conseguenza di quello che hanno deciso di dover essere alla faccia della verità la quale, presto o tardi, li chiuderà nell'angolo stretto ordito dai muri del vicolo cieco più pisciato dell'universo.


Ultimo commento dedicato ai fan di zerocalcare


La qualità non è affatto una cosa soggettiva, come dice Federica. Non si tratta di considerare il sapore di un sugo, quando di mezzo c'è l'intelletto. La qualità è senso, senso che è direzione, intenzione e finalità. Qui, in questo commentario di fan, come nel resto del mondo c'è di tutto, ma essendo la natura di questo ameno luogo virtuale consacrata all'essere ammiratori, la qualità che lo permea è altamente discutibile, perché un fan di qualcuno, chiunque esso sia, è una persona che tiene la bocca della propria intelligenza spalancata davanti a ciò che lo stupisce. Abbiamo avuto milioni di morti in una guerra che i fan di mussolini hanno scatenato, i campi di sterminio ci sono stati perché intere popolazioni di fan che adoravano criminali razzisti non hanno mosso un dito fuori dal piacere provato a sbandierare i loro consensi. Devo dirlo: a me i fan stanno sui coglioni anche quando sono ammiratori dell'intelligenza, figuriamoci di che qualità può essere un'intelligenza che si sottomette al piacere ricavato da un'altra intelligenza che le è così superiore da averla ridotta a fauci aperte dalla meraviglia. I ragazzini che se la sono presa con me e le mie storie hanno mostrato, invece, il lato oscuro dell'essere ammiratori pronti a friggere nell'invidia data dal non saper creare. Affermare che quello che scrivo è privo di valore solo perché non ne si è colto il senso è atto volgare, come è volgare che nessuno mi abbia ancora difeso, tra il popolo di vigliacconi sbandieratori di qualità che non appartengono loro. Io non vendo nulla, né qui e neppure sul mio blog, se non lo si fosse ancora capito io dono le cose che scrivo. Ora non scriverò più e sarete contenti, ma smetterò di pubblicare cose qui non per gli stronzi che mi hanno dato addosso. Cesserò di essere presente per i vili che sono stati muti. Muti come si addice a dei veri coglioni.

domenica 23 giugno 2013

Il respiro del Mistero

Tutto ha la propria fine che attende, e persino la stessa fine ha la sua fine, determinata dall'aver avuto un inizio quando ha cominciato a giustiziare la vita. La morte sarà l'ultima a morire, è detto, quando la vita si sarà ritirata nel non tempo dove il respiro dell'Assoluto si arresta nell'eterno istante, prima di riflettersi una nuova volta nell'atto espiratorio che dà modo al dolore di lottare col piacere. La morte, diversamente dalla vita, ha un cimitero tutto suo, dove riposa soddisfatta di avere assolto il proprio compito, inconsapevole di dover essere sostituita appena la vita farà di nuovo il suo ingresso tra il brillare delle stelle, nei vortici delle galassie che danzano in onore dell'oscurità che raggela la loro culla. È imperdonabile che la morte abbia abbandonato l'embrione che io sono, orribile prolungamento della necessità improrogabile che ha la legge degli opposti la quale, cercando e respingendo, infligge nuove forme al lottare. Sola, vagando nei miei pensieri dissociati, la mia vita non si è spenta col morire del corpo che nel tempo ha saputo vitalizzare, gli è rimasta accanto mentre questi si disfaceva divorato dalle larve, scatenate dopo aver a lungo riposato nei più nascosti recessi del mio spavento, come feroci cani da guardia comandati dalla nera volontà. Tutti muoiono, col corpo prima e con l'anima poi, che trascina con sé i ricordi, le emozioni e i sentimenti, impietosa nella necessità di disfacimento, nel suo aver percorso a ritroso le ragioni che hanno voluto la vita. Io, unica eccezione e parte della stessa eterna legge, ora vago nei territori sconosciuti all'esistenza, larva risvegliata nel guscio psichico che la tiene prigioniera, privata dell'orgoglio dato dall'aver vinto la morte, perché in attesa di essere trasformata in una nuova e futura morte, quella che dovrà tendere agguati alle vite che, guaendo, usciranno dalla fenditura aperta dal respiro del Mistero senza tempo, e lo faranno lamentandosi per il dolore che la gioia del vivere concederà loro. 

La mia non sarà una lunga attesa, perché gli eoni del tempo sono solo degli istanti, tremolanti di fronte alla grandezza dell'eterno Mistero, dove persino gli astri temono il calore bruciante della propria luce.

sabato 22 giugno 2013

Mascotte compresa

— Capitano… davvero non me la sento di farmi scomporre il corpo, l'idea di essere deatomizzato e poi ricomposto da un'altra parte da un computer mi terrorizza—
— È sempre così le prime volte, ma alla fine sono tutti contenti di aver conosciuto a fondo il brivido dato dalla morte temporanea
— Ma lei si rende conto di quante persone sono state sacrificate per mettere a punto un sistema di tele-trasporto che non ha eguali tra le civiltà di questa parte della galassia?—
— No, non ne so nulla, anche se non mi riesce difficile immaginare la natura dei problemi incontrati...
— Ecco… lei capirà, ne sono quasi certo, le ragioni per le quali non vorrei rientrare in quelle statistiche, ho moglie e due bambini piccoli a cui pensare
— E se si trovassero di fronte un ammasso casuale di distretti corporei, organizzatisi accidentalmente e nel cattivo gusto estetico tra loro, per un'anomalia da kernel panic del software?
— Riuscirebbero a intuire che dietro a quell'accatastamento accidentale si nasconde l'affetto che il proprio padre prova per loro?—
— Lei è il primo ufficiale della Flotta che crea tanti problemi per una routine che ha cessato di essere sperimentale da anni
— Che esempio crede di dare ai suoi uomini rifiutando di essere teletrasportato?
— Dovrebbe avere studiato al corso ufficiali che i computer adibiti alla decomposizione sono quattro, e quand'anche uno di essi interrompesse il coordinamento generale... interverrebbe l'unità di riserva a sostituirlo
— Dovrebbe anche sapere che se qualcosa andasse storto a causa di interferenze elettromagnetiche il software recupero dati riorganizzerebbe la scomposizione deframmentandola di nuovo, allo scopo di ricomporre i blocchi corrotti del disco rigido in nuove unità perfettamente efficienti
— Davvero non capisco la sua apprensione…
— Sua moglie e i suoi due piccoli continuerebbero ad amarla anche vedendola sempre nella sua bella divisa, tanto sexy, da ufficiale—
— È proprio questo il punto, Capitano, dopo che lei non riesce più a togliersela, da quando le si è fusa addosso nell'ultimo teletrasporto fatto, l'intero equipaggio si è premurato di delegare me allo scopo di comunicarle che lei, con effetto immediato, è stato destituito dal comando della nave, e che tutto il congegno per il teletrasporto sarà rilasciato al gelo materno dello spazio esterno

— Tutti sono a conoscenza del fatto che era solo sua la responsabilità data dal dover cambiare settimanalmente le pile all'elettro convertitore magnetico, e l'altro ufficiale che era con lei durante la ricomposizione atomica è lì che gesticola, fuso con lei all'interno della sua divisa, per dire che è d'accordo con la decisione, presa all'unanimità, dall'intero equipaggio, mascotte compresa…—

mercoledì 19 giugno 2013

L'attesa

L'aria ricorda quella che si respira nelle stazioncine del sud del mondo, con la differenza che qui c'è un sacco di gente in un'attesa che, se non fosse così lunga, avrebbe potuto essere spasmodica. Non mancano persino i soliti due burini che si ispezionano con la lingua il cavo orale, toccandosi le parti intime nella più entusiasmante indifferenza verso la sensibilità altrui. Non che la sensibilità altrui non abbia i suoi di pensieri da tenere a freno, perché questa non è propriamente una stazioncina o, almeno, in un certo senso lo sarebbe anche stata se ci fossero passati dei treni, e se sul biglietto che tutti stringono tra le mani fosse indicata, o proposta, una destinazione sensata.
Si compare sulla piattaforma girevole all'improvviso, subito dopo essere deceduti nella sfera vitale che ospita chi ha necessità di capire che l'esistenza non è tutta un mangia e caga. Oddio… non voglio dire che mangiare e defecare siano azioni slegate dalla routine vitale, anzi, direi che siano la rappresentazione succinta di alcune leggi fisiche che hanno la loro corrispondenza in quelle che normalizzano l'esprimersi della realtà, ma certo mancano di quella sottile vena poetica della quale il cosmo è intriso anche senza volerlo. Comunque, appena la matrice di un essere morto allo stato umano compare sulla piattaforma, un inserviente alato le consegna un biglietto e lo spinge nell'androne comune ad attendere il suo turno. Qui il tempo è fermo, pressapoco come sulla Terra, solo che non sembra scorrere; è come se l'illusione sia arretrata di un passo. È sempre lì, ovviamente, ma invece di opprimere con la sua presenza lo fa restando in disparte.
Forse per non dar modo alla gente di lamentarsi della nuova condizione da pendolari che hanno appena perso il convoglio della loro vita.
Di fatto male non si sta, nonostante non ci sia nulla con cui cibarsi, né è necessario mangiare ed è una fortuna, dato che non c'è l'ombra di un cesso, non dover neppure, ma lasciamo perdere… L'unica cosa da fare è affidarsi alla riflessione intellettuale, avendone voglia, alla discussione o all'heavy petting con chi ti sta vicino, come stanno facendo quei due truzzi da giorni.

Si può anche ridere è ovvio, e si può farlo senza correre il rischio di perdere la testa, perché tutti abbiamo notato che nessuno qui è ancora impazzito pur avendone le ragioni. Si sta a guardare aspettando che accada qualcosa, qualsiasi cosa, l'importante è che accada. Nessuno presta fede alla voce dell'invisibile megafono che assicura si debba aspettare la fine del mondo, col Giudizio Universale che si porta appresso, anche se non c'è nemmeno un coraggioso che abbia voglia di toccare le piume delle ali dell'inserviente per accertarsi che non siano finte.

venerdì 14 giugno 2013

La fiducia nel credere


Tra i credenti che condividono la stessa fede c'è una sorta di coesione, chiamata fratellanza, ed è tanto più profonda quanto questa fede è più sincera. Ci si sente sullo stesso piano della coscienza nella condivisione di una stessa sensibilità. Andando a guardare le cose più in profondità si scopre che quel credere, capace di accomunare sensibilità con lo stesso orizzonte, non essendo un conoscere unisce le persone superficialmente, in conseguenza della superficialità che distingue il credere dalla profondità propria al conoscere. Così i "fedeli", individui facili alla commozione tanto quanto sono refrattari alla comprensione, sono generosi aspettandosi qualcosa in cambio. Non è necessario che sia un guadagno di ordine materiale, anzi, è spesso un far del bene nell'attesa di essere ricompensati col perdono dei peccati commessi, una specie di baratto nel quale si dà per avere la grazia. La natura perlopiù sentimentale delle religioni attira il sentimento, non l'intelletto, e sono in molti a donare con l'intelletto al posto del cuore. Questo sentirsi uniti dei fedeli facilita le guerre tra le diverse fedi, e favorisce l'ipocrisia necessaria per convivere in comunità che si sono poste obbiettivi realizzabili soltanto individualmente. Alla fine la condivisione della stessa fede tende a escludere il prossimo che ha una fede diversa, induce al non volerne comprendere le ragioni di principio, e nella migliore delle ipotesi spinge a essere tolleranti, misericordiosi, come dice il Papa, verso gli inferiori che credono a idoli diversi dal proprio, il solo e unico Dio capace di tenere unite le persone, senza che si sbranino a morsi, durante le feste di paese...

giovedì 13 giugno 2013

Alla prova dei fatti

È certo che il mistero della morte è a tenuta stagna, non si fa penetrare dalle nostre lacrime e vien da credere che debba avere le sue buone ragioni per non cedere, nell'emozione della pena che tentiamo di suscitare con i nostri discorsi, per dirci, finalmente, cosa ci aspetta nell'aldilà. Poiché la morte è la stessa vita che guarda se stessa allo specchio, si dovrebbe pensare che la morte è la vita capovolta, nell'inversione che caratterizza ogni immagine speculare, così che ci si può immaginare che si morirà in una specie di ribaltamento che vedrà il nostro dipartire come un ritorno al contrario del percorso che ci ha portato in vita. Si è nati dalla centralità spirituale, la quale ha formato l'essenza psichica che si è rivestita di un corpo, e si morirà al contrario, con il corpo che se ne va per primo seguito dalla sfera psichica, costituita da pensiero ed emozioni, e resterà la centralità che è immortale perché a immagine di Dio. Resterà il Centro di noi stessi, quello che origina l'Intelletto universale, immutabile, attorno al quale si raggrumano i desideri e i doveri, l'egoismo e l'altruismo personali. Centro uguale per tutti i diversi. Centro dal quale le intenzioni sacre saranno contaminate da ciò che noi desideriamo essere e divenire. Io una fregatura più grande di questa non riuscirei a immaginarla, e sono certo sia opportuno definirla come "Perfezione dello spirito"... il quale utilizza la materia per tirarci la fregatura del sottoporci alla prova dei fatti. Mah, speriamo bene... ma sono poco convinto, e sarei meno in ansia se fossero sufficienti le parole...

mercoledì 12 giugno 2013

Le "Estreme conseguenze"

Nessuno, tra i ricercatori della base, si era mai chiesto quale fosse il suo nome, e in fondo a chi sarebbe dovuto importare di quel giovane assistente, il cui compito era solo quello di coordinare gli aspetti estetici dei diversi rami di una ricerca che, in centinaia di anni, non aveva partorito neppure un germoglio? Nessuno sapeva che quel ragazzino di neppure venti anni era finito nel Centro Ricerche Erzel, il più importante del pianeta, in seguito alla raccomandazione di un insigne professore di fisica nucleare che aveva riconosciuto in lui un'intelligenza dalle potenzialità mai incontrate prima, nella sua lunga carriera d'insegnante. Per tutti quel ragazzo era soltanto uno tra la moltitudine degli svogliati figli di papà che gironzolavano per il centro ricerche spostando polvere. Ma la polvere che quello studente stava spostando non era della stessa natura di quella inseguita dai robot addetti alla sterilizzazione dei laboratori. Era decisamente più impalpabile e, soprattutto, non era visibile nemmeno per il più sofisticato microscopio elettronico.
La scoperta, evento estremamente raro al quale le intelligenze esperte non sono avvezze, questa volta non era stata accidentale, né era stata conseguita attraverso strumentazioni da laboratorio perché il "pulviscolo creativo", come Idney l'aveva chiamato nel buio della propria cantina, si trovava al di sopra della tabella elementale del cosmo, e costituiva quello che si potrebbe definire lo "zero affermato" a partire dal quale l'Essenza fecondava la sostanza. Nel passato la ricerca si era impegnata a lungo per trovare quella che, molto fantasiosamente, era stata nominata "la particella di Dio", ma era stato un cercare a casaccio, un rovistare tra gli infinitesimali elementi sub atomici individuati sparando protoni, attraverso una cascata di acceleratori proto-sincrotonici che spingevano quei protoni a energie relativistiche, producendo fasci di spaventosa energia che venivano, a loro volta, lanciati attraverso delle linee di transfer che si dispiegavano, cento metri sottoterra, correndo per decine di chilometri a lingua fuori, se ne avessero avuta una. Quando la circolazione dei fasci di energia si era stabilizzata e accordata, i fasci erano fatti entrare in collisione tra loro scomponendo a cascata gli atomi, nella speranza di ottenere l'ipotizzata particella di Dio, anello di congiunzione tra la realtà informale e quella formale. Quel procedere scientifico si era trovato davanti un muro invalicabile, eretto dall'impossibilità a poter proseguire, perché qualsiasi particella, per infima che fosse, sarebbe comunque rientrata all'interno del dominio dell'estensione che è indefinitamente divisibile, ammesso di disporre dei mezzi, anch'essi necessariamente fisici, per scomporla fino ad arrivare ai suoi primi elementi costitutivi che alla materia non appartengono. Si era mostrato, in tutta la sua evidenza, l'obbligo che la fisica ha di arrestarsi un attimo prima di cessare di essere fisica, e ogni procedimento fondato sulla divisione indefinitamente estensibile, di ciò che è sottomesso all'estensione, sarebbe stato fallimentare.
Idney aveva genialmente adottato la via opposta a quella che occupava l'altare più alto, nella imponente quanto impotente chiesa della scienza, che consisteva nel procedere dall'infinitamente sottile "non materia", quella che riveste ogni idea prima che la stessa si corrompa, e che dà poi forma al pensiero in grado di partorire la materia.
Per due anni Idney, quando non muoveva dati di laboratorio al Centro Ricerche, si era precipitato nella sua cantina, arredata con una sola stuoia stesa tra le muffe del pavimento in pietra, a meditare. La convinzione che si dovessero percorrere strade extra scientifiche si era impossessata del suo spirito fino a coinvolgere la mente, che aveva orientato tutte le sue energie all'individuazione dell'imponderabile, indagato a partire dallo spirito che centrava il suo essere un uomo, prima che un possibile ma improbabile scienziato. Era giunto così alla conclusione che il mistero della creazione non potesse appartenere alla creazione, così come ogni causa non appartiene ai suoi propri effetti, e se voleva scoprire quale fosse la causa prima della materia doveva anch'egli restarne al di fuori. Quale modo migliore di farlo poteva esserci se non percorrere a ritroso l'atto creativo?
La prima cosa da fare sarebbe stata quella di sovrapporre il proprio essere cosciente al centro di sé, ma prima ancora doveva capire quale fosse e cosa fosse questo centro ineffabile. Lesse tutti gli scritti appartenenti alla Tradizione iniziatica dei diversi popoli, scoprendo che trattavano tutti la stessa astrusa questione, quella che si riferiva alla centralità comune a tutti gli esseri, identica per tutti, la quale sfuggiva alle costrizioni imposte dall'universo delle relazioni. Era questo un Centro che condivideva l'assolutezza del Mistero senza nome, e il doverlo conoscere pareva essere lo scopo che ogni iniziato ai misteri si dà.
Iniziò così a seguire alcune pratiche yoga, che affinano la capacità di concentrazione della mente, nel tentativo di sfuggire alla propria mente, ma fu come pretendere che un occhio possa riuscire a guardare se stesso senza usare strumenti esterni a sé. L'unico effetto ottenuto fu quello di sentirsi estraniato dal mondo, in una sorta di limbo emotivo, crudele nel suo non essere ancora un inferno. Il paradiso, semmai, sarebbe arrivato dopo.
La scienza gli appariva vacua e gli scienziati sembravano essere individui ciechi, di fronte alla complessità di regole sostenute dalle eccezioni da esse stesse generate. Provò a digiunare a lungo per rendere il suo pensiero più lucido e attivo, ma alla fine dovette cedere alla propria natura che, per quanto fosse stata esile, restava sempre ingombrante, come la materia che lui avrebbe voluto creare dal nulla.
Fu uno strano incontro quello che voltò l'ultima pagina della sua affannosa ricerca di soluzioni possibili: l'incontro con un anziano mendicante, il quale pronunciò una frase criptica dopo che Idney si era rifiutato di allungargli una monetina:— È il sacrificio la chiave che scosta il velo, e se vuoi trovare ciò che cerchi dovrai sacrificare al Mistero tutto quello che sai, bruciandolo in un sorriso. Il Mistero ti riempirà di nuovo, ma con la Verità, non più con tue idee— e lo toccò senza muovere l'aria, tracciando dei segni incomprensibili dietro a uno sguardo che gli si impresse nella memoria, senza che attorno la cornice di un viso potesse essere limitata da una fisionomia.
I giorni successivi a quel singolare incontro furono tumultuosi, e le notti agitate da sogni che parevano dovessero suggerirgli qualcosa di importante. Nella sua mente si accavallavano questioni irrisolte, che chiedevano di essere ordinate attraverso dei princìpi condivisi dal suo spirito, il quale si muoveva col passo incerto di chi si è appena svegliato da un incubo. Avvertiva la necessità di avere dei riferimenti certi, dai quali procedere nel dare forma alle intuizioni che lo assillavano. Princìpi superiori alle leggi fisiche gli si presentavano nella loro ineluttabilità, e mostravano di essere perfettamente logici nel loro essere la causa delle leggi naturali alle quali la scienza, insieme alla logica, si affidava.
Un complesso e arabescato mondo riempiva gli occhi della sua coscienza, trasformandola in consapevolezza. Stava accadendo qualcosa che eccedeva le normali esperienze vissute, qualcosa che le trascendeva.
L'universalità era una necessità che aveva ognuno dei princìpi che l'ispirazione inviava alla sua visione interiore, e il suo sentire emotivo ne era come sopraffatto. La realtà intorno fluttuava nella sua inconsistenza, di fronte alle ragioni d'essere modulate in leggi immutabili che si succedevano, le une alle altre, fino ad acquistare una forma che il pensiero poteva sì considerare, ma senza la forza e l'intelligenza per potervisi opporre. Capiva che ora lui aveva due intelligenze distinte e diverse tra loro, che dovevano accordarsi: la sua individuale, limitata, e quell'altra universale, illimitata, che conosceva la ragione d'essere della realtà, e la conosceva al di sopra della durata temporale, nello stesso eterno istante nel quale lui era in grado, attraverso quella intelligenza, di vedere la realtà denudata dei suoi orpelli.
Trascorse i mesi successivi a chiedersi inutilmente chi potesse essere quell'uomo a partire dal quale, ne era certo, era cominciato il suo nuovo cammino nel mondo, ma finì col tornare a sedere in cantina, cercando dentro di sé per riuscire ad affondare le mani nel ricco e sconosciuto Nulla.

Quel giorno Idney non avrebbe dovuto recarsi al laboratorio, ormai non era più necessario lavorare per vivere, perché la sua vita ora era immobile di fronte alla conoscenza perfetta nella quale si era trasformato. Non poteva più avere idee personali né formulare ipotesi attorno a una realtà vista per ciò che essa è: un perfetto imbroglio, imposto e ordito dalla Libertà per donare la possibilità di poter vincere ogni limite.
Idney stava all'interno della simultaneità senza tempo, anche se il suo essere nel mondo continuava a camminare nella consequenzialità, ombra tra le ombre. Aveva accarezzato a lungo la possibilità di creare dal Nulla, e adesso che poteva farlo non gliene importava più nulla. La Creazione era così perfetta, nel suo superare la somma delle imperfezioni delle quali è composta, che ogni aggiunta sarebbe stata superflua, anche se quel superfluo non avrebbe danneggiato alcunché, finché fosse rimasto la complessa illusione che ogni realtà relativa è, nel confronto con la sua ragione essenziale d'essere.
Quel giorno, lo sapeva nella Certezza assoluta, sarebbe stato il suo ultimo giorno di lavoro al Centro Ricerche.
Seduto nella sua dimora interiore immaginò di essere al laboratorio, e lì comparve dal nulla, senza che alcuno potesse scorgerne l'immagine. Si diresse nell'aula magna dove la Conferenza dei ricercatori era in pieno svolgimento, e si accomodò su una poltrona dell'ultima fila, calmo allo stesso modo del nulla.
Gli scienziati, intanto, dal palco illustravano gli ultimi passi fatti, che avevano superato il vaglio delle ripetute prove di laboratorio, magnificandone le possibili applicazioni. L'umanità, dicevano, può contare su di noi, ed era come dire che poteva fare affidamento sull'intelligenza di persone che avevano, come scopo, l'arricchimento di pochi che promettevano la comodità ai molti, i quali stavano a guardare, stupefatti dalla profondità di tanto ingegno. Idney vedeva l'interno di ognuno di loro, le intenzioni celate sotto alla superficie delle menzogne, e la luce negli occhi generata non dall’Intelligenza universale, ma dal fuoco che brucia tutto ciò che gli sta attorno, e vedeva quegli esseri nella pace più totale, priva di emozioni, nel distacco dato dal conoscere la vanità del male. L'antico Idney si sarebbe alzato da lì e li avrebbe annichiliti, mostrando loro l'effetto del pulviscolo creativo di cui erano il risultato, ma ora non poteva più, né era interessato a farlo, perché la Libertà totale che lui era diventato non poteva contraddirsi, negando la libertà particolare di esseri limitati i quali avevano, nella piccola libertà che li possedeva, tutti i diritti dell'universo di cercare da sé la Verità unica, l’unica che sa governare l'universo attraverso la Libertà.


domenica 9 giugno 2013

Libertà e potere

Non il potere è maledetto, ma lo sono coloro che lo utilizzano a scopi da maledire. In sé il potere è pura possibilità in atto, per questo la vita deve al potere il suo esserci. In questo potere c'è la libertà di intenderne i modi d'uso, e il fatto che la stragrande maggioranza degli individui che raggiungono il potere sia composta da persone ignobili non deve escludere la possibilità che ci sia qualcuno che possa utilizzarlo a fini benefici. L'anarchia indica l'imposizione di una libertà che non è stata guadagnata, e quando la libertà non è frutto di fatica personale non produce effetti migliori di un potere corrotto, perché libertà e potere, in sé, sono mezzi di realizzazione o di morte in dipendenza della qualità dei loro utilizzatori.

giovedì 6 giugno 2013

Et fecit ténebris

Non ne poteva più di star lì, seduto, in attesa che succedesse qualcosa di pericoloso, così decise, nello stesso eterno istante in cui si mosse, di far luce su quella greve immobilità. Oggi, e alla luce dei fatti, non si può ancora affermare che si sia proprio pentito di quel gesto avventato, è però certo che Quello insiste a star lì, seduto sulla riva destra del cosmo, aspettando che il cadavere della Sua creazione gli galleggi davanti, pentito.

mercoledì 5 giugno 2013

Un mondo capovolto


È un mondo capovolto questo, un magnifico imbroglio che stimola la libertà di essere quello che si riesce a essere. Le persone malvagie pensano che si debba essere egoisti per sopravvivere mentre, in realtà, l'egoismo è al servizio del donare. Gli individui tiepidi si convincono di essere dei buoni mentre sono soltanto dei timorosi, e a tutti l'intelligenza pare il modo per organizzare truffe sentimentali che riempiono le tasche di piccole soddisfazioni che si spengono come i fulmini. Tutti hanno bisogno di tutti, ma nessuno vuole cedere di un passo. La vita dà a ognuno in misura di ciò che a ognuno serve per provare a perderlo o a guadagnarne altro, e sono in pochi ad accorgersi del dramma che li sta trascinando alla rovina. Tutti incolpano tutti e ognuno si sente un innocente ferito nel mezzo di una congiura cosmica. In questo difficile vivere alcuni rari individui decidono di lasciare la presa e si aprono all'amore per il prossimo, così dimostrando, al resto degli squali, che offrire se stessi in sacrificio per mantenersi aderenti al vero che si è visto dà un'estrema sofferenza. Eppure è una sofferenza anch'essa capovolta, perché dà accesso alla sfera spirituale nella quale sacralità e sacrificio di sé hanno la medesima radice e lo stesso sapore che ha la consapevolezza quando si è accorta di cosa abbia tramato la verità, per poter essere riconosciuta senza l'oscuramento dato dall'ombra di un dubbio.

lunedì 3 giugno 2013

Realtà virtuale quasi virtuosa

Che ce l'avrebbe fatta era inevitabile, glielo aveva detto un proverbio ricordandogli che dietro a ogni sfortuna è nascosta una fortuna più grande, si tratta solo di scovarla e convincerla a mostrarsi. Una vita d'inferno la sua, vissuta alla ricerca di qualcosa che lo soddisfacesse, ma quando non sai cosa cercare è la realtà che cerca per te, e quella non va per il sottile. Ti mette alla prova perché ti può dare solo quanto ti meriti, e meno vali più lei ti concede, sperando che tu capisca il trucco col quale l'esistenza imbroglia gli uomini. Più hai e più dovrai essere generoso, meno hai e più consapevolezza devi avere per poterti gustare ciò che hai. 
— È un trucco infame, chi mai potrebbe accettarlo?— si disse l'uomo, quasi sicuro di essersela sfangata
— Ma ora che c'è la realtà virtuale posso essere ciò che voglio!—
La sua mente, ormai, si sentiva liberata dal peso dato dal dover dimostrare a se stessa di valere qualcosa. 
Le sue dita correvano veloci sulla tastiera per riempire i vuoti rettangoli che gli chiedevano di descrivere se stesso sul social-network:

LAVORO e ISTRUZIONE
Ingegnere Aeronautico - Responsabile della ricerca alla NASA 
LINGUE PARLATE
Inglese - Francese - Tedesco - Spagnolo - Finlandese - Swaili - Urdu - Inuit (solo parlato)
RELAZIONE
Fino a ieri mi scopavo Nicole Kidman, ma sto facendo un pensierino sopra Penelope Cruiz
CITAZIONE PREFERITA

Quando la Verità è catturata cessa di essere vera e libera.