domenica 13 aprile 2014

Davanti a un obiettivo

Ero un bambino bello, composto come non lo sarei più stato, dentro a un grembiule nero con un fiocco bianco, annodato storto, che mi solleticava il collo, forse per dirmi che la vita, dietro le apparenze, cerca di farci ridere attraverso l'errore.
Lo sguardo dritto davanti a me, impugnavo una penna che minacciava un foglio che sarebbe stato bianco a lungo, perché altri bambini dopo di me stavano in fila per scattare la foto ricordo.
Dietro di me una parete grigia con appeso il disegno di una pipa aveva, agli angoli, la temuta lettera P. 
Se avessero potuto disegnarci un pirla l'avrebbero fatto, ora ne sono certo, ma ci stavo io davanti e tanto bastava.
Ero un bambino bravo, scrivevo un sacco di balle nei temi e non facevo errori gravi, come quello di non essere scappato da casa in età prescolare. Chi poteva immaginare, allora, che l'esistenza sarebbe stata tanto dura con me. 
Due correnti di opinioni non lottano tra loro: la prima dice che ogni cosa accade a misura delle proprie paure, e l'altra assicura che accadano per crearle quelle paure, ed entrambe giurano che la vita serva a superare lo spavento dato dal vivere.
Credo che il dolore a un dente terrorizzi, ma se invece di uno fossero tutti a dolere, la sofferenza dovrebbe dividersi un poco per ognuno, e il male si disperderebbe in mille rivoli che asciugherebbero presto.

I miei occhi in quella foto guardavano dove il fotografo aveva indicato loro, ma oggi vedono una realtà diversa da quella, e non danno più valore agli obiettivi del mondo.

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