domenica 26 aprile 2015

La paura dura sempre di più della ragione per aver paura

Avere tanto temuto di morire, non per la morte in sé, quanto per l'imprevedibile creatività dei suoi modi, così poco eleganti, mi ha tenuto in apprensione tutta la vita, da riuscire a convincermi che si viva per affinare lo stile del tuffo finale nell'oscuro e ignoto destino. La speranza di poter morire nel sonno mi ha spaventato per il suo privare del piacere che si ha misurando la temperatura delle ipocrisie di coloro che ti sorrideranno, incoraggiandoti con parole del tipo: "Andrai certamente a star meglio...". D'altra parte essere schiacciati da un atto violento ugualmente ti sottrae il piacere di non salutare chi si aspetta da te un cenno che suggerisca di essere il principale destinatario del poco che lascerai attorno ai tuoi miseri resti. Una lunga malattia ha grandi vantaggi rispetto all'improvvisa dipartita, ma l'ansia dovuta al tremolare della flebile fiammella, quella che tarda a spegnersi, è dolorosa più di un colpo secco dato con la disattenzione che la morte ha per la vita.
Ricordare che si nasce soli e si muore soli non aiuta, perché la solitudine in un mondo di stronzi consola soltanto gli stronzi che rifiutano di aiutare e di essere aiutati.

Avere temuto di morire, ora che son morto, mi appare peggio della morte, perché lenta o rapida, dolorosa o dolce, essa è l'abbraccio nel quale il Mistero della vita cessa di soffocarci.

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