mercoledì 9 dicembre 2015

Se ne vanno prima i migliori?

Spesso ci si chiede come mai le persone che si sanno essere malvagie non si ammalino facile, e pare che a loro vada tutto nel migliore dei modi, mentre sono molte le persone che rifiutano la cattiveria e che hanno guai uno dopo l'altro.
Dalla mia esperienza personale ho visto che a soffrire di più sono le persone che, pur essendo di animo buono, si piegano alle circostanze negative messe in atto dai malvagi, e lo fanno per viltà o, semplicemente, per stare tranquille.
A queste persone manca il coraggio necessario a mettere in atto la loro inclinazione al bene, dunque non sono protette dalle forze del bene e, naturalmente, non godono del sostegno delle forze del male.
È in questo modo che l'ordine delle cose imposto dai princìpi, che orientano tutto verso il bisogno di perfezione, lascia in balia degli eventi chi dovrà imparare a essere coraggioso.
Le persone maligne, invece, hanno il sostegno del male, e attraverso di esso aggirano le difficoltà per la loro fedeltà alle cattive intenzioni con cui il male cerca di oscurare l'amore e di negare la Verità di principio che ordina l’universo.
Il male, però, ha un unico pregio ed è quello di non poter portare a termine le proprie crudeli intenzioni, perché a differenza del bene che cerca la perfezione il male la rifiuta, non credendo in essa. Per questo le sacre scritture di tutti i popoli affermano che i demoni non abbiano accesso alla sfera dell'Intelligenza universale, che rappresenta la spiritualità della Trascendenza.
Il male è principe dell'immanenza, della forza bruta del peso che ama la sopraffazione del più debole e del diverso, del fuoco che brucia rifiutando la luce interiore che illumina la Via verso il sacrificio di sé.
Il male sacrifica gli altri, ed è per questo che esso abbandona coloro che gli sono stati fedeli servitori, e li lascia senza poterli più sostenere quando essi si trovano davanti all'ultimo bivio, quello che da una parte implica le possibilità di redenzione, e dall'altra quelle di dannazione.
È raro che chi ha servito il male a quel punto si penta, perché ancora non immagina di essere stato lasciato solo davanti all'Amore universale.
Non c'è un paradiso eterno e un inferno eterno, ma c'è lo stridore di denti e l’urlo interiore dato dal rammarico di aver rifiutato la natura del dono d'amore che chiamiamo esistenza, e di aver scelto l'ombra che la luce genera quando incontra l'ostacolo messo dal male.
Ho tralasciato di dire dei santi e delle persone che con coraggio hanno scelto l'impervio e difficile sentiero del bene, quello che comprende il sacrificio d'amore analogo a quello fatto dal Mistero assoluto, che per lasciarci liberi di scegliere ha dovuto aprire l'esistenza alle forze del male.
Per questo la lacrima è diventata il simbolo del dispiacere divino, che preferisce saperci liberi e infelici di questa nostra libertà incompresa, piuttosto che prigionieri di un'illusione imposta.
Non c'è una felicità che sia solo nostra senza che sia di tutti, e il mondo che la cerca la troverà solo dopo aver rinunciato alla propria per cercare di realizzare la felicità altrui.
Nessuno, per queste ragioni, è più dannato delle persone che si arricchiscono sulle infelicità degli altri, e per le stesse ragioni nessuno è più felice di chi ha scelto il sacrificio e la povertà per donare il proprio amore ai bisognosi di aiuto.

Lasciano anzitempo questa esistenza le persone migliori?
Nessuno può dirlo, ma di certo quelle peggiori... anche se vivranno a lungo staranno al mondo nel peggiore dei modi, quello gelido che si veste di un'apparente fortuna che deve nascondere le fetide esalazioni del male, che sogghigna nervoso per il suo non poter mai vincere definitivamente il Mistero di amore del quale l'intero universo è intessuto.

Nessun commento:

Posta un commento