sabato 21 novembre 2015

Mi piacerebbe scrivere qualcosa

— Sai... mi piacerebbe scrivere qualcosa, ma non so decidermi su cosa potrei dire senza istigare qualcuno a mandarmi affanculo—

— Non credo di poterti incoraggiare a farlo, in fondo se si scrive qualcosa al fine di piacere a tutti occorre dire cose che piacciano a tutti, dunque scontate e banali, alla portata di comprensione anche dei più stupidi, e anche lì qualche rischio sarebbe inevitabile correrlo, perché non si può piacere agli stupidi e alle persone intelligenti nello stesso tempo...

— Chi non desidera essere mandato a quel paese deve parlare malissimo di sé, in definitiva dovrebbe auto denunciarsi confessando pubblicamente i propri peccati...

— Si sa che i santi non mandano affanculo che il demonio, mentre gli altri si sentiranno meno colpevoli con se stessi attraverso il sapere che c'è qualcuno peggiore di loro—

— Guarda che bel biliardino c'è lì, ti andrebbe di fare una partita?—

— Ma vaffanculo va'...—


giovedì 5 novembre 2015

Una specie di macchina perfetta

Una specie di macchina perfetta, nella quale tutti i componenti concorrevano alla realizzazione di un unico obiettivo che, però, quella macchina ancora ignorava.
Era dotata di sensori a dir poco stupefacenti, in grado di valutare con precisione la natura di tutte le possibili situazioni in cui si sarebbe potuta trovare, e poteva osservare ogni aspetto della realtà dalla quale era circondata, la stessa che le aveva dichiarato guerra.
Vedeva, annusava, ascoltava, toccava, gustando i sapori dati dall’essere una realtà perfetta nelle proprie potenzialità, ma ancora imperfetta nei suoi componenti.
Imperfetti perché i sensori dovevano tradurre informazioni superiori alla dimensione in cui stava la materia, filtrate da cellule materiali. 
Quando le informazioni sottili sono vagliate da filtri grossolani subiscono un deterioramento che impone alla sottigliezza di addensarsi attorno alla pesantezza, così ciò che la macchina perfetta estraeva dalla verità, facendolo attraverso il percepire dei sensori, riduceva la verità a un insieme di realtà fisiche che avevano perduto, nella traduzione cellulare, la loro essenza spirituale.
Per questo la macchina aveva bisogno di credere e di non credere.

Per questo la sua debolezza la rese umana.

Una stonatura

Che ci fosse una stonatura capace di accordare tra loro tutte le successive note, per armonizzare una realtà che potesse imbrogliare chiunque vi fosse immerso, rientrava nelle possibilità che ogni intelligenza ha di potersene accorgere anche se, bisogna ammetterlo, quando si tratta di inalare per la prima volta l'aria che fa partire il motore di una nuova esistenza è difficile pensare a qualcosa di diverso dal dover respirare.
Per fortuna, se di fortuna si dovesse trattare, l'esistenza non è uno scivolare indolore verso un orizzonte che, pur stando anche sotto i nostri passi, appare essere irraggiungibile, così, di tanto in tanto, si sbatte contro ostacoli che sembrano messi lì per farci notare la stonatura.
L'ordine nel quale le cose stanno in agguato ci dice che, in effetti, c'è solo un tipo di felicità possibile, quella data dal riuscire a sopportare la sofferenza, perché è quest'ultima che mostra da che parte è orientato il senso dell'esistenza, quello che va dove sta la gioia.
La stonatura che dà modo all'esistenza di dispiegarsi in realtà sembra essere una stonatura solo perché è vista dall'interno dell'esistenza, ma è l'esistenza a essere stonata rispetto alla prima nota che sarà anche l'ultima.
Stonata perché imperfetta.
Imperfetta perché soggetta al cambiamento, e una felicità è vera solo quando non può più cambiare.